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giovedì 21 agosto 2008

Relazione per l'ottenimento della categoria usurante ai VVUU

Movimento "Tagghiamu stu Palluni"

Lavoratori della Polizia Municipale

Analisi e valutazione per il riconoscimento dei benefici di legge per i lavori usuranti
A cura di Filippo Macaluso rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del Comune di Palermo.
Si ringrazia per la preziosa collaborazione Giuseppe Messina di Legambiente Palermo per i dati forniti

Premessa
La presente relazione è finalizzata a dimostrare come l’attività lavorativa degli Operatori della Polizia Municipale influenzi negativamente la speranza di vita del lavoratore stesso.
Si vuole, altresì, analizzare attraverso dati oggettivi la disparità di trattamento fra gli operatori della polizia municipale e categorie di attività con funzioni analoghe.
E’ opinione dello scrivente che gli operatori della Polizia Municipale svolgano le stesse funzioni delle categorie del comparto sicurezza con l’aggravio, però, di svolgerlo in un ambiente di lavoro particolarmente a rischio per le più disparate condizioni climatiche, per le diverse situazioni di stress e per un carico ampio di responsabilità.
In altre parole con la presente relazione, nel descrivere prima i rischi, a cui è esposto il lavoratore, e poi con i dati ricavati dalle fonti di indagini di natura scientifica, si vuole evidenziare come il luogo di lavoro dell’Operatore della Polizia Municipale, “la strada”, rappresenti una fonte di malattia.
E come attualmente i dispositivi legislativi, nel contesto del D.Lgs. 626/94 non siano sufficienti ad un controllo sanitario efficace, soprattutto per una interpretazione restrittiva della legge.
E come attualmente i dispositivi di legge, non considerano per gli Operatori della Polizia Municipale benefici e/o indennizzi, che invece sono riservati a categorie con funzioni analoghe.
Ed ancora, come attualmente le misure di tutela resi disponibili dalla tecnica non siano sufficientemente idonei per attuare un’adeguata prevenzione e protezione dai danni che gli stessi subiscono.

Rischi a cui è sottoposto il lavoratore di Polizia Municipale
Gli Operatori della Polizia Municipale, nel loro ambiente di lavoro, sono esposti a diversi agenti di rischio di cui alcuni meritano un’analisi approfondita per gli effetti che hanno nell’aspettativa di vita degli stessi, e sono :
- gli inquinanti atmosferici,
- il rumore,
- le condizioni climatiche;
- lo stress derivante dal controllo del traffico veicolare.
Tali rischi si aggravano ancora di più per la loro combinazione e per l’aggiunta di altre condizioni di rischio, quali: l’assunzione prolungata di posture erette, la deambulazione protratta, il potenziale contatto con materiali biologici e, non ultimo, la particolare condizione di stress riferibile all’estensione delle responsabilità su un vasto campo applicativo.
Questi elementi di rischio trovano riscontro nell’esito della valutazione dei rischi effettuata dai Responsabili della Sicurezza e/o da professionisti esterni incaricati dalle amministrazioni comunali.
In altre parole, ciò che è stato da me dedotto sulla specificità dei rischi sono esplicitate dettagliatamente nei Documenti di Valutazione dei Rischi, predisposti dalle Amministrazioni Comunali, ai sensi del D.Lgs. 626/94.
Inoltre anche gli Organi di Vigilanza c/o le AUSL territorialmente competenti hanno confermato la presenza dei rischi sopra menzionati. In alcuni casi, proprio, gli Organi di Vigilanza sono intervenuti chiedendo l’integrazione di rischi non correttamente analizzati nei Documenti di Valutazione dei Rischi.
In sostanza è comprovato, proprio nel contesto della legislazione vigente, in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, che l’attività lavorativa degli operatori della Polizia Municipale richiede un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti da misure idonee.

Fonti scientifiche provenienti da Organismi scientifici e da studi universitari :
Si riportano alcuni riferimenti, di particolare interesse, provenienti da indagini scientifiche, da studi universitari e da pareri di professionisti. Questi riferimenti come vedremo, dimostrano il legame fra i danni subiti dal lavoratore e i rischi a cui è esposto nel proprio ambiente di lavoro.
1. Recentemente è stata resa nota la nuova pubblicazione “Effetti sulla salute dell’inquinamento dell’aria da trasporto” curata dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS).
L’evidenza epidemiologica e tossicologica sugli effetti dell’inquinamento dell’aria da trasporto è aumentata sostanzialmente nelle ultime decadi: le ricerche provano che l’inquinamento dell’aria da trasporto provoca gravi danni alla salute umana tra cui: l’aumento di rischio di morte per cause cardio-polmonari, l’aumento di malattie nell’apparato respiratorio e di cancro ai polmoni.
Nei dettagli lo studio condotto dall'Organizzazione mondiale della Sanita - ufficio regionale per l'Europa - per conto dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), tra il 2002 e il 2004, è stato realizzato su 13 città italiane campione di oltre 200mila abitanti.
Le città sotto osservazione sono state Torino, Genova, Milano, Trieste, Padova, Venezia-Mestre, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Catania e Palermo, pari al 16% del totale della popolazione nazionale circa (9 milioni di persone).
Secondo il dossier, gli oltre 8 mila decessi stimati ogni anno equivalgono al 9% della mortalità negli over 30 per tutte le cause esclusi gli incidenti stradali. Le nuove conoscenze disponibili sugli effetti sanitari del PM10 rilevano come l'impatto della mortalità per gli effetti cronici oltre i 20 microgrammi per metro cubo (limite che la direttiva comunitaria '99/30/EC ha indicato per il 2010) sia da riferire al cancro al polmone (742 casi ogni anno), infarto (2562), ictus (329).
Numeri elevati anche per altre malattie, tra le quali bronchiti, asma, e sintomi respiratori in bambini ed adulti, oltre a ricoveri ospedalieri per malattie cardiache e respiratorie che determinano perdita di giorni di lavoro.
Lo studio si è esteso anche all'impatto dell'ozono sulla salute, stimato in 516 morti ogni anno nelle città italiane campione, decessi che si aggiungono a quelle dovute alle polveri sottili.
Nel secondo Rapporto APAT sulla Qualità dell'Ambiente Urbano si evidenzia come il PM10 emesso dal trasporto su strada rappresenta la principale fonte di emissione di particolato nelle aree metropolitane italiane.
Il particolato fine (PM) è un agente inquinante composto da un insieme di particelle che possono essere solide, liquide oppure solide e liquide insieme e che, sospese nell'aria, rappresentano una miscela complessa di sostanze organiche ed inorganiche. Queste particelle variano per dimensione, composizione ed origine. Le loro proprietà sono riassunte nel loro diametro aerodinamico, definite come dimensione della particella:
• la frazione con un diametro aerodinamico inferiore a 10 m è chiamata PM10 e può raggiungere le alte vie respiratorie ed i polmoni;
• le particelle più piccole o fini sono chiamate PM2.5 (con un diametro aerodinamico inferiore a 2.5 m); queste sono più pericolose perché penetrano più a fondo nei polmoni e possono raggiungere la regione alveolare.
La dimensione delle particelle determina anche la durata della loro permanenza nell'atmosfera. Mentre la sedimentazione e le precipitazioni rimuovono la frazione compresa tra 2,5 e 10 m (PM10-2,5 detto anche frazione grossolana del PM10) dall'atmosfera nel giro di poche ore dall'emissione, il PM2.5 può rimanere nell'aria per giorni o perfino per settimane. Di conseguenza queste particelle possono percorrere distanze molto lunghe. I maggiori componenti del PM sono il solfato, il nitrato, l'ammoniaca, il cloruro di sodio, il carbonio, le polveri minerali e l'acqua. In base al meccanismo di formazione, le particelle si distinguono in primarie e secondarie.
Le particelle primarie vengono direttamente immesse nell'atmosfera mediante processi naturali e prodotti dall'uomo (antropogenici). I processi antropogenici includono la combustione dei motori delle auto (sia diesel che a benzina); la combustione dei combustibili solidi (carbone, lignite, biomassa) di uso domestico; le attività industriali (attività edili e minerarie, lavorazione del cemento, ceramica, mattoni e fonderie); le erosioni del manto stradale causate dal traffico e le polveri provenienti dall'abrasione di freni e pneumatici; e le attività nelle cave e nelle miniere.
Le particelle secondarie si formano nell'aria a seguito di reazioni chimiche di inquinanti gassosi e sono il prodotto della trasformazione atmosferica del biossido di azoto, principalmente emesso dal traffico e da alcuni processi industriali, e del biossido di zolfo, che risulta dalla combustione di carburanti contenenti zolfo. Le particelle secondarie si trovano principalmente nella frazione del PM fine.
La valutazione sistematica dei dati completata nel 2004 dall'OMS Europa, indica che:
• il PM aumenta il rischio dei decessi respiratori nei neonati al di sotto di 1 anno, influisce sullo sviluppo delle funzioni polmonari, aggrava l'asma e causa altri sintomi respiratori come la tosse e la bronchite nei bambini;
• il PM2.5 danneggia seriamente la salute aumentando i decessi per malattie cardio-respiratorie e cancro del polmone. La crescita delle concentrazioni di PM2.5 aumenta il rischio di ricoveri ospedalieri d'emergenza per malattie cardiovascolari e respiratorie;
• il PM10 ha un impatto sulle malattie respiratorie, come indicate dai ricoveri ospedalieri per questa causa.
Gli effetti relativi all'esposizione nel breve periodo comprendono: infiammazioni polmonari, sintomi respiratori, effetti avversi nel sistema cardiovascolare, aumento della richiesta di cure mediche, dei ricoveri ospedalieri e della mortalità.
Poiché l'esposizione al PM causa nel lungo periodo una sostanziale riduzione dell'attesa di vita, gli effetti nel lungo periodo sono chiaramente più significativi per la salute pubblica di quelli nel breve periodo. Il PM2.5 si associa maggiormente alla mortalità, indicando un aumento del 6% del rischio di morte per tutte le cause per ogni aumento di 10g/m3 nelle concentrazioni di PM2.5 sul lungo periodo.
Gli effetti relativi all'esposizione nel lungo periodo comprendono: aumento dei sintomi dell'apparato respiratorio inferiore e delle malattie polmonari ostruttive croniche, riduzione delle funzioni polmonari nei bambini e negli adulti, e riduzione dell'attesa di vita causata principalmente dalla mortalità cardio-polmonare e dal cancro al polmone.
Studi su larga scala mostrano gli effetti significativi del PM2.5 in termini di mortalità, ma non sono in grado di identificare una soglia al di sotto della quale il PM non ha effetti sulla salute: cosiddetto livello senza effetti.
2. Studi effettuati dal Prof. ALDO FERRARA (titolare della II cattedra di malattie dell’apparato respiratorio all’università di Siena), sulla salute respiratoria e sull’ambiente atmosferico, su vigili urbani hanno osservato che questi sono sottoposti a delle lesioni all’apparato respiratorio .
Tali lesioni porteranno i soggetti osservati all’età di 60 anni ad avere un deficit della funzionalità cardio-respiratoria pari ad almeno al 30% per i soggetti non fumatori.
Di conseguenza i soggetti esaminati avranno un’aspettativa di vita di 7,5 anni in meno rispetto ad un coetaneo che svolge un’altra attività.
E pertanto, queste lesioni devono essere considerati dei veri e propri danni biologici. Infatti il deficit di funzionalità cardio-respiratoria non è imputabile a delle abitudini personali ma ad una situazione ambientale nella quale l’individuo si è trovato.
Inoltre le condizioni dei vigili urbani sono aggravate in quanto ad una problematica legata allo smog si aggiunge quella cardio-circolatoria dovuta allo stress per i disturbi specifici del traffico.
E’ opinione dello scrivente che questi siano degli elementi scientifici indubitabili sui quali non si può discutere e sono chiaramente le premesse per un danno biologico ed usurante.
Inoltre, in una recente ricerca effettuata sui vigili urbani i sintomi più facilmente rappresentati non erano quelli cardio-respiratori che si manifestano a lungo termine ma erano quelli di acuzie neurologica come il mal di testa ed una sensazione di nausea che stanno ad indicare una patologia in atto.
3. Uno studio europeo ha individuato coorti occupazionali esposte a diversi livelli di benzene.
In particolare di nostro interesse sono i principali risultati dello studio di mortalità tra i guidatori di autobus della città di Genova e i vigili urbani di Genova e Milano.
Lo studio ha incluso tutti i lavoratori maschi impiegati nel periodo dal 1949 al 1979.
La mortalità è stata studiata nel periodo 1960 – 1998.
Nell’analisi dello studio è stato osservato un aumentato rischio per linfoma di Hodgkin e tumore del polmone.
Lo studio è stato condotto dai seguenti ricercatori:
- A.C. Pesatori, M. Bonzini, D. Consonni, A. Baccarelli, P.A. Bertazzi e A. Colombi del Dipartimento di Medicina del Lavoro, degli Istituti clinici di Perfezionamento e dell’Università degli Studi di Milano;
- P.G. Duca del Dipartimento di Scienze Cliniche “Luigi Sacco”, dell’Università degli Studi di Milano
- F. Merlo dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, di Genova.
4. Altre interessanti indicazioni sulla correlazione tra tipo di mansione svolta e alcuni tipi di patologie sono riscontrabili nel rapporto MALPROF, promosso dallo stesso ISPESL in collaborazione con le Regioni, che attraverso l’aggregazione dei dati di malattia professionale pervenute ai servizi territoriali di prevenzione delle ASL mira all’individuazione delle mansioni che causano con maggiore frequenza l’insorgenza di determinate patologie. Anche l’INAIL svolge indagini simili ma essendo i dati vincolati dalle condizioni di riconoscimento legale per fini di tutela assicurativa spesso i risultati presentano un elevato grado di distorsione.
5. Altre interessanti indicazioni ci pervengono da un parere tecnico rilasciato dall’ordine interprovinciale dei chimici di Palermo a firma del Presidente Dott. Cottone, presidente dell’Ordine Interprovinciale dei Chimici della Sicilia.
Alla richiesta se gli Apparecchi di Protezione delle Vie Respiratorie (le mascherine di protezione in dotazione agli operatori della Polizia Municipale del comune di Palermo) sono idonei, l’Ordine si esprimeva relazionando quanto segue:

Premesso che lo stesso è indicato dal produttore quale “44291203 MANDIL FFP2/V COMBI, respiratore antiodore combinato con antipolvere per aerosol solidi e liquidi secondo la classe 2, con valvola di espirazione, Omologazione EN 149:2001”, nel richiamare quanto espresso in sommità alla nota circa la necessità di una vera e propria perizia, l’Ordine può, a titolo di carattere generale, rimettere le seguenti considerazioni:
1. Il lavoratore è certamente esposto ad inquinanti presenti in forma gassosa e ad inquinanti presenti in forma solida;
2. La filtrazione ed in generate il trattenimento di una o più molecole, da parte di un sistema di contenimento è la somma di disparate interazione chimiche, chimico-fisiche, fisiche.
Per meglio esporre e far comprendere si precisa che un aerosol può essere trattenuto a seguito di perdite del contributo cinetico della particella dispersa per urto su una superficie che non risponde in maniera elastica.
Tra i motivi di mancanza di risposta elastica vi stanno le deboli interazioni di carattere chimico-fisico, quali ad esempio l’imbibizione del supporto cellulosico da parte delle particelle acquose presenti ed in cui a loro volta sono disciolti composti chimici (idrofilia).
Tra i motivi chimico-fisici può annoverare l’effetto che una superficie può esercitare al fine dell’accrescimento dimensionale dell’acqua aereo dispersa con la formazione di gocce che non possono essere più disperse nel mezzo aereo a causa della loro aumentata massa (vedi formazione della pioggia ed utilizzo di sali per la formazione della stessa).
Tra i mezzi fisici si può considerare ancora la circostanza legata all’urto delta particella con un mezzo più freddo, urto che fa cedere energia; tale cessione provoca una diminuzione del contenuto entalpico totale della particella e la sua condensazione (vedi meccanismo della rugiada).
Quando il meccanismo riguarda le polveri è necessario chiarire che la pericolosità di una particella solida non solo è legata alla sua dimensione, ma è strettamente legata alla possibilità che la stessa trasporti in superficie composti pericolosi (tossici e/o irritanti e/o cancerogeni) e che successivamente possa effettuare il rilascio di tali composti.
Quindi la semplice circostanza che una sostanza solida (dispersa in mezzo aereo) venga trattenuta in ragione del mezzo filtrante e delle sue dimensioni, da sola non e sufficiente a far considerare efficace il D.P.I., in quanto va valutato anche il sistema con cui la polvere trasporta la sostanza.
Tutto ciò al fine di comprendere se, dopo il trattenimento della particella solida si possano creare le condizioni di distacco dell’inquinante ed il suo successivo trasporto. E' proprio tale meccanismo di cessione che rende le polveri inalabili al disotto del 10 micron pericolose per la salute in funzione della toro provenienza e composizione.


Mentre al riguardo se eventuali danni possono essere rilevati attraverso le analisi chimico - cliniche, l’Ordine dei chimici rispondeva:
quest’ordine è costretto per l’ennesima volta a rilevare l’utilizzo improprio e pomposo, per i metodi di determinazione di talune sostanze in ambito umano (metodi che più correttamente in ambito anglo sassone sono definiti come blood-test), del termine analisi. Premesso ciò sarebbe del tutto inverosimile che un'analisi chimica vera e propria avente come oggetto la reale presenza e quantità di un composto, possa dare un risultato diverso in funzione del metodo (si cita il caso del glucosio dove i valori sono indicati in funzione del metodo) e non affermi con certezza la reale ed inequivocabile quantità dello stesso. Quanto richiesto si riferisce in realtà all'utilizzo di sofisticate tecniche analitiche non presenti nella comune realtà di chimica-clinica. In altri termini ci si chiede se le ordinarie analisi chimico-cliniche possono determinare, qualitativamente e quantitativamente, composti quali i metalli pesanti, (Piombo, Vanadio, Cadmio, Cromo, Hg, etc.) ed inoltre i composti organici conosciuti come la sporca dozzina ed oggetto delta Conferenza di Johnnasburg ovverosia (I.P.A., Diossine. PCB, PCT e diossino simili) oltre a benzene e suoi derivati.
La risposta è negativa e si rimanda per maggiori approfondimenti ai lavori svolti dall’I.S.S. per l’Italia nell’ambito della campagna europea di valutazione del livello di contaminazione di base. Peraltro si osserva che la determinazione ai fini dell'accumulo di molte di tali sostanze riguarda tessuti ed organi e quindi una determinazione del semplice livello ematico non sembrerebbe sufficiente a dare le corrette informazioni ai medici competenti, per la valutazione del rischio.
Infine, per completezza di informazione, si precisa che gli strumenti idonei per tale tipo di analisi sono estremamente complessi e che ad oggi l’Ente tecnico-strumentale della Regione, I'ARPA Sicilia, non è sufficientemente attrezzata per svolgere tate attività analitica considerato che oltre ai problemi di prelievo del campione e necessario procedere a fasi specifiche di preparazione, purificazione e concentrazione dello stesso. Risulta a quest’Ordine che l’ARPA si stia dotando della necessaria strumentazione, anche se con orientamento prevalentemente ambientale.
Si rimane disponibili per l'illustrazione della nota nelle varie sedi che si ritengano opportune.


In sostanza, nella prima risposta da notare che, per quanto riguarda i rischi derivanti dall’esposizione a sostanze inquinanti, nell’attività lavorativa di controllo del traffico veicolare, non esistono Apparecchi di Protezione delle Vie Respiratorie con la presunzione di potersi definire tali da eliminare il rischio degli inquinanti .
E nella seconda risposta da notare che non esistono attualmente analisi che possano dare la certezza del grado di dannosità raggiunto a causa dell’esposizione agli agenti inquinanti a cui è sottoposto l’Operatore della Polizia Municipale nella sua attività.
Da sottolineare che le attuali mascherine in cellulosa distribuiti agli operatori della Polizia Municipale sono inutili e forse addirittura, per le ragioni sopra illustrate, più dannose dal momento che, quando naso e bocca non sono liberi di respirare, si tende a inglobare aria con più forza.
Gli unici filtri realmente utili si chiamano Epa, realizzati con materiali altamente tecnologici, ma il loro costo è proibitivo, si tratta, in definitiva, degli stessi filtri usati per le maschere antigas.
E comunque va detto che queste maschere in genere sono chiaramente poco utilizzabili perché incompatibili con l’attività degli Operatori della Polizia Municipale impegnati al controllo del traffico, per l’impossibilità di utilizzare il fischietto e la comunicazione verbale per impartire ordini e indicazioni.
E’ evidente per quanto sopra illustrato che l’ambiente di lavoro (ambiente esterno) del vigile urbano ha un elevato grado di inquinamento tale da creare inevitabilmente delle lesioni sull’apparato cardio-respiratorio .
Un aspetto singolare è che gli operatori della polizia municipale, in queste condizioni, sono costretti a subire gli effetti di dannosità dello smog in modo passivo.
Il comparto sicurezza in Italia e la Polizia Municipale
Un aspetto singolare in relazione ai benefici previsti dall’attuale legislazione è la diversità di trattamento tra le categorie rientranti nel comparto sicurezza e la Polizia Municipale.
Infatti alle categorie del comparto sicurezza vengono riconosciuti alcuni benefici ed indennizzi.
A questo punto, è preliminarmente necessario precisare come nel comparto sicurezza rientrano le attività con funzioni di mantenimento dell'ordine pubblico e di prevenzione dei reati (polizia di sicurezza) e le funzioni di repressione di quest'ultimi (polizia giudiziaria).
Ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, sono forze di polizia:
a) la Polizia di stato, struttura civile ad ordinamento speciale, dipendente organicamente dal Ministero dell'Interno;
b) l'Arma dei Carabinieri;
c) il Corpo della Guardia di Finanza, struttura militare dipendente dal Ministero dell'Economia e delle Finanza.
Sono, inoltre, Forze di polizia, in funzione di concorso alle precedenti, la Polizia Penitenziaria, inquadrata organicamente nel Ministero della Giustizia, e il Corpo Forestale dello Stato, dipendente dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Nell'ambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, infine, sono istituiti due organismi interforze ai quali l'Arma partecipa con proprio personale ed in numero paritetico rispetto a quello della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza: la Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.) e la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (D.C.S.A.),
E pertanto, a questo punto, considerato che l’attuale piano di sicurezza vedrebbe estendere la Polizia Locale a compiti di lotta alla microcriminalità, non si comprende il diverso trattamento fra categorie con funzioni perfettamente similari.
Non si comprende, altresì, come i lavoratori della Polizia Municipale con le stesse funzioni rientranti nel comparto sicurezza, ed aggravati da rischi connessi alla specificità del lavoro stesso, come precedentemente illustrato, non debbano ricevere i benefici di legge previsti per tali categorie.

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