Movimento "Tagghiamu stu Palluni"
date: Palermo 20 agosto 2008
Gli Operatori della Polizia Municipale in servizio di controllo del traffico veicolare sono esposti a particolari rischi spesso sottovalutati proprio dagli addetti alla sicurezza.
In alcuni comuni, come a Palermo, la valutazione del rischio chimico riporta un rischio di tipo "moderato", cioè irrilevante.
Tale esito ci appare inopportuno soprattutto per le modalità con le quali è stato determinato.
In questa valutazione, oltre a dichiarare che il lavoratore in servizio esterno di controllo al traffico veicolare ha un rischio chimico moderato, si ritengono sufficienti le protezioni con le mascherine di cellulosa antipolvere fornite agli operatori della Polizia Municipale. Va detto in merito che il parere tecnico, che troverete alcune parti più avanti, del Dott. Cottone Presidente dell’Ordine Interprovinciale dei chimici della Sicilia, proprio sulle mascherine fornite agli operatori della Polizia Municipale, si esprime con un giudizio diverso. Tale parere come fonte autorevole, per una rivalutazione dei rischi, è stato trasmesso ai servizi di vigilanza e agli addetti alla sicurezza, senza però aver suscitato quell'interesse sperato.
Si ritiene che per l'attività degli operatori della Polizia Municipale oggettivamente in mancanza di dati precisi si dovrebbe invece sempre considerare nella valutazione un rischio chimico "non moderato" ed applicare precauzionalmente la prevista Sorveglianza Sanitaria, riconoscendo un rischio specifico per un'attività usurante.
Le valutazioni del rischio chimico dovrebbero essere eseguite da tecnici con competenze specifiche in materia chimica per una corretta valutazione, legittimo il dubbio su alcuni aspetti che appaiono come degli errori di analisi tecnica nel documento di valutazione del rischio chimico:
- i fattori di rischio in esso contenuti non sono riferibili al posizionamento del lavoratore e al suo punto di prelievo (naso e bocca) così come previsto dall’art. 72 quater del decreto legislativo 626/94 e s.m. del decreto legislativo 25/2000, perché si basano su informazioni provenienti dalle centraline dell’AMIA poste a tre metri di distanza dal suolo;
- non ci sono riferimenti di sopralluoghi effettuati presso alcuni siti di particolare interesse per le caratteristiche di elevato traffico;
- non si tiene conto della distanza del lavoratore dalle sorgenti di emissioni e, quindi, non si è valutato l’effetto dell’onda d’urto delle sostanze inquinanti sul lavoratore;
- non si sono valutati le condizioni climatiche (vento, umidità, freddo, caldo) che alterano chiaramente le caratteristiche chimico-fisico degli APVR (Apparecchio di Protezione delle Vie Respiratorie);
- non si è tenuto conto degli effetti della combinazione di diversi agenti inquinanti per la presenza di gas tossici, nocivi e cancerogeni.
Inoltre il sottoscritto insieme ad altri RLS segnalano come la Sorveglianza Sanitaria sia in qualche modo inficiata nella sua regolarità anche da un provvedimento applicato in seguito al giudizio del Medico Competente. Tale provvedimento viene percepito dai lavoratori come ritorsivo, per coloro che vengono momentaneamente allontanati dal Medico Competente nell’attuazione della Sorveglianza Periodica finalizzata a valutare i rischi professionali in funzione dei carichi di lavoro e degli effetti che potrebbero avere sulla salute del lavoratore.
E quindi, il lavoratore non solo è impegnato eccessivamente, per l'esiguo numero di operatori in strada, sia fisicamente sia mentalmente (da stress) ma, se il Medico ne prescrive a tutela della sua salute il momentaneo allontanamento, ne viene penalizzato economicamente.
Inoltre, i Medici Competenti nell'attuazione delle visite mediche dovrebbero sempre avere i mansionari in cui sono riportati gli impegni di lavoro giornalieri, settimanali ed annuali necessari per una corretta valutazione dei rischi professionali che possono tramutarsi in danni per i lavoratori.
Un'altra circostanza da valutare è il Servizio di Prevenzione e Protezione che dovrebbe essere di capacità adeguata alla natura dei rischi degli ambienti di lavoro oggetto di valutazione. E' palese che il Servizio di Prevenzione e Protezione deve al suo interno e/o con l'ausilio di professionisti esterni delle competenze specifiche come un esperto almeno in chimica e in psicologia.
Si riportano alcuni dati salienti provenienti da studi e ricerche a carattere scientifico.
Dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
Recentemente è stata resa nota la nuova pubblicazione “Effetti sulla salute dell’inquinamento dell’aria da trasporto” curata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Le ricerche provano che l’inquinamento dell’aria da trasporto provoca gravi danni alla salute umana tra cui: l’aumento di rischio di morte per cause cardio-polmonari, l’aumento di malattie nell’apparato respiratorio e di cancro ai polmoni.
Nei dettagli lo studio condotto dall'Organizzazione mondiale della Sanità, tra il 2002 e il 2004, è stato realizzato su 13 città italiane campione di oltre 200mila abitanti (Torino, Genova, Milano, Trieste, Padova, Venezia-Mestre, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Catania e Palermo).
I risultati dello studio hanno determinato che gli effetti relativi all'esposizione nel breve periodo sono stati: infiammazioni polmonari, sintomi respiratori, effetti avversi nel sistema cardiovascolare con un aumento della richiesta di cure mediche, dei ricoveri ospedalieri e della mortalità.
Inoltre è stato accertato che l'esposizione al PM (materiale particolato) causa nel lungo periodo una sostanziale riduzione dell'attesa di vita.
Addirittura il PM 2.5 viene associato maggiormente alla mortalità, indicando un aumento del 6% del rischio di morte per tutte le cause per ogni aumento di 10g/m3 nelle concentrazioni di PM 2.5 sul lungo periodo.
Gli effetti relativi all'esposizione nel lungo periodo sono stati: aumento dei sintomi dell'apparato respiratorio inferiore e delle malattie polmonari ostruttive croniche, riduzione delle funzioni polmonari nei bambini e negli adulti, e riduzione dell'attesa di vita causata principalmente dalla mortalità cardio-polmonare e dal cancro al polmone.
Studi su larga scala mostrano gli effetti significativi del PM2.5 in termini di mortalità, ma non sono in grado di identificare una soglia al di sotto della quale il PM non ha effetti sulla salute: cosiddetto livello senza effetti.
Studi e ricerche su vigili urbani dal Prof. Ferrara
Studi effettuati dal Prof. ALDO FERRARA (titolare della II cattedra di malattie dell’apparato respiratorio all’università di Siena), sulla salute respiratoria e sull’ambiente atmosferico, su vigili urbani hanno osservato che questi sono sottoposti a delle lesioni all’apparato respiratorio.
Detti studi hanno determinato che tali lesioni porteranno i soggetti osservati all’età di 60 anni ad avere un deficit della funzionalità cardio-respiratoria pari ad almeno al 30% per i soggetti non fumatori.
Di conseguenza i soggetti esaminati avranno un’aspettativa di vita di 7,5 anni in meno rispetto ad un coetaneo che svolge un’altra attività.
Inoltre lo studio del Prof. Ferrara ha specificato che le condizioni dei vigili urbani sono aggravate in quanto ad una problematica legata allo smog si aggiunge quella cardio-circolatoria dovuta allo stress per i disturbi specifici del traffico.
Studio di ricercatori europei su vigili urbani
Uno studio europeo ha individuato dei lavoratori particolarmente esposti a diversi livelli di benzene.
Nello specifico di nostro interesse sono i principali risultati dello studio di mortalità tra i guidatori di autobus della città di Genova e i vigili urbani di Genova e Milano.
Lo studio ha incluso tutti i lavoratori impiegati nel periodo dal 1949 al 1979.
La mortalità è stata studiata nel periodo 1960 – 1998.
Nell’analisi dello studio è stato osservato un aumentato rischio per linfoma di Hodgkin e tumore del polmone.
Lo studio è stato condotto dai seguenti ricercatori:
- A.C. Pesatori, M. Bonzini, D. Consonni, A. Baccarelli, P.A. Bertazzi e A. Colombi del Dipartimento di Medicina del Lavoro, degli Istituti clinici di Perfezionamento e dell’Università degli Studi di Milano;
- P.G. Duca del Dipartimento di Scienze Cliniche “Luigi Sacco”, dell’Università degli Studi di Milano
- F. Merlo dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, di Genova.
Parere tecnico dell’Ordine Interprovinciale dei Chimici di Sicilia
Per quanto riguarda le mascherine che l’amministrazione continua a fornire e che vorrebbe continuare a fornire, ritenendo corretta la scelta, si riporta il parere tecnico rilasciato dall’Ordine Interprovinciale dei Chimici di Sicilia a firma del Presidente Dott. Cottone.
In merito alla valutazione del rischio chimico il dott. Cottone ribadisce che:
. . . omissis . . . Al fine però di concentrare l’attenzione sulla reale esposizione del soggetto, non è possibile traslare i dati derivanti dalle centraline di rilevamento al lavoratore stesso, in quanto il posizionamento delle cabine e l’altezza da terra del punto di prelievo, non sono riferibili al posizionamento del lavoratore e del suo punto di prelievo (bocca e naso).
Da un punto di vista metodologico quindi è ben più utile l’utilizzo degli appositi campionatori spallabili, che opportunamente dotati di specifici e mirati accumulatori, ora di sostanze presenti sotto forma di gas di natura inorganica (ossidi di Azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio etc..), ora di sostanze presenti sotto forma di gas di natura organica (benzene, xilene, toluene, I.P.A., diossine e composti diossino simili) o ancora presenti sotto forma solida (polveri). . . .omissis . . .
Questa metodologia sopra descritta risponde invece, al contrario di quanto riportato nell’attuale documento di valutazione del rischio chimico, a quanto stabilito dall’art. 72 quater del decreto legislativo 626/94 così come innovato dal richiamato decreto legislativo 25/2000 (vedi nota)
Alla richiesta se gli Apparecchi di Protezione delle Vie Respiratorie (le mascherine di protezione in dotazione agli operatori della Polizia Municipale del comune di Palermo) sono idonei, l’Ordine si esprimeva relazionando quanto segue:
Premesso che lo stesso è indicato dal produttore quale “44291203 MANDIL FFP2/V COMBI, respiratore antiodore combinato con antipolvere per aerosol solidi e liquidi secondo la classe 2, con valvola di espirazione, Omologazione EN 149:2001”, nel richiamare quanto espresso in sommità alla nota circa la necessità di una vera e propria perizia, l’Ordine può, a titolo di carattere generale, rimettere le seguenti considerazioni:
1. Il lavoratore è certamente esposto ad inquinanti presenti in forma gassosa e ad inquinanti presenti in forma solida;
2. La filtrazione ed in generale il trattenimento di una o più molecole, da parte di un sistema di contenimento è la somma di disparate interazione chimiche, chimico-fisiche, fisiche.
Per meglio esporre e far comprendere si precisa che un aerosol può essere trattenuto a seguito di perdite del contributo cinetico della particella dispersa per urto su una superficie che non risponde in maniera elastica.
Tra i motivi di mancanza di risposta elastica vi stanno le deboli interazioni di carattere chimico-fisico, quali ad esempio l’imbibizione del supporto cellulosico da parte delle particelle acquose presenti ed in cui a loro volta sono disciolti composti chimici (idrofilia).
Tra i motivi chimico-fisici può annoverare l’effetto che una superficie può esercitare al fine dell’accrescimento dimensionale dell’acqua aereo dispersa con la formazione di gocce che non possono essere più disperse nel mezzo aereo a causa della loro aumentata massa (vedi formazione della pioggia ed utilizzo di sali per la formazione della stessa).
Tra i mezzi fisici si può considerare ancora la circostanza legata all’urto della particella con un mezzo più freddo, urto che fa cedere energia; tale cessione provoca una diminuzione del contenuto entalpico totale della particella e la sua condensazione (vedi meccanismo della rugiada).
Quando il meccanismo riguarda le polveri è necessario chiarire che la pericolosità di una particella solida non solo è legata alla sua dimensione, ma è strettamente legata alla possibilità che la stessa trasporti in superficie composti pericolosi (tossici e/o irritanti e/o cancerogeni) e che successivamente possa effettuare il rilascio di tali composti.
Quindi la semplice circostanza che una sostanza solida (dispersa in mezzo aereo) venga trattenuta in ragione del mezzo filtrante e delle sue dimensioni, da sola non e sufficiente a far considerare efficace il D.P.I., in quanto va valutato anche il sistema con cui la polvere trasporta la sostanza.
Tutto ciò al fine di comprendere se, dopo il trattenimento della particella solida si possano creare le condizioni di distacco dell’inquinante ed il suo successivo trasporto. E' proprio tale meccanismo di cessione che rende le polveri inalabili al disotto del 10 micron pericolose per la salute in funzione della loro provenienza e composizione.
Esposto quanto sopra, riguardo il D.P.I. di cui si tratta, è oggettivamente desumibile dalle informazioni fornite dal produttore e riportate nella confezione, che lo stesso non è utile per il trattenimento degli inquinanti gassosi, tra parentesi sono riportate le caratteristiche dichiarate dal costruttore (CARATTERISTICHE: protezione da aerosol solidi e liquidi secondo la classe 2; capacità di arresto di odori non tossici né nocivi né irritanti; efficienza filtrante con aerosol NaCl oltre 98%; efficienza filtrante con nebbia di paraffina oltre 98%; conformità alla Norma UNI EN 149:2001.) Mentre per quanto attiene le polveri derivanti dal traffico veicolare che dal punto di vista chimico sono passibili di presenza di sostanze pericolose (tossiche, nocive e/o cancerogene), è quantomeno imprudente, ove non si configuri anche l’esercizio abusivo della professione, estendere l’utilizzo di un D.P.I. al di là del campo in cui lo stesso è stato testato; ciò in ottemperanza al principio di precauzione
Per quanto poi attiene l’idoneità del D.P.I. ad essere usato nelle condizioni operative si precisa che la stessa va determinata accogliendo l’invito della Corte Costituzionale (sentenza 345 del 21 luglio 1995) circa “la necessità di una valutazione interdisciplinare sempre più necessaria in una società i cui interessi sono via via maggiormente complessi”
Inoltre, osservando che la struttura del dispositivo di cui in oggetto è formata da 4 strati di materiale, si desume che ne derivi una condizione di perdita di carico nel passaggio dell’aeriforme (ciò probabilmente è la ragione per la quale il lavoratore che utilizza tale mascherina segnala di avere difficoltà respiratorie e malesseri vari probabilmente a causa della presenza di gas e/o per insufficienza di ossigeno). Tale condizione va verificata dal medico competente ai fini della corretta funzione respiratoria o di un eventuale affaticamento (anche questa valutazione non è stata analizzata dal medico competente). Infine va ulteriormente verificata, nelle condizioni operative più gravose, la effettiva permanenza della capacità di protezione sia dal punto di vista chimico che da quello sanitario (anche questo non è stato verificato, infatti non sono mai state fatte le visite nei luoghi di lavoro che per il vigile urbano è la “strada”, nonostante gli scriventi l’avessero già da tempo evidenziato).
Mentre al riguardo se eventuali danni possono essere rilevati attraverso le analisi chimico - cliniche, l’Ordine dei chimici rispondeva:
<<>>
In sostanza, nella prima risposta da notare che, per quanto riguarda i rischi derivanti dall’esposizione a sostanze inquinanti, nell’attività lavorativa di controllo del traffico veicolare, non esistono Apparecchi di Protezione delle Vie Respiratorie con la presunzione di potersi definire tali da eliminare il rischio degli inquinanti .
E nella seconda risposta da notare che non esistono attualmente analisi che possano dare la certezza del grado di dannosità raggiunto a causa dell’esposizione agli agenti inquinanti a cui è sottoposto l’Operatore della Polizia Municipale nella sua attività.
Da sottolineare che le attuali mascherine in cellulosa distribuiti agli operatori della Polizia Municipale sono inutili e forse addirittura, per le ragioni sopra illustrate, più dannose dal momento che, quando naso e bocca non sono liberi di respirare, si tende a inglobare aria con più forza.
Gli unici filtri realmente utili si chiamano Epa, realizzati con materiali altamente tecnologici, ma il loro costo è proibitivo, si tratta, in definitiva, degli stessi filtri usati per le maschere antigas.
E comunque va detto che queste maschere in genere sono chiaramente poco utilizzabili perché incompatibili con l’attività degli Operatori della Polizia Municipale impegnati al controllo del traffico, per l’impossibilità di utilizzare il fischietto e la comunicazione verbale per impartire ordini e indicazioni.
Osservazioni e chiarimenti conclusivi
Da questo escursus è dimostrato che, oltre a quanto gli scriventi hanno osservato nel descrivere i rischi a cui è esposto il lavoratore, il luogo di lavoro dell’Operatore della Polizia Municipale: “la strada”, rappresenti una concreta fonte di malattia.
E come attualmente le misure di protezione resi disponibili dalla tecnica non siano sufficientemente idonei per attuare un’adeguata prevenzione e protezione dai danni che gli stessi subiscono.
Si chiede per questo un intervento serio di prevenzione che possa limitare immediatamente l’esposizione dei lavoratori in servizio di controllo del traffico veicolare, basandosi prima di tutto sulle osservazioni provenienti proprio dai lavoratori stessi.
In sostanza il problema della salvaguardia dei lavoratori della Polizia Municipale preoccupa seriamente gli scriventi, in generale, per l’inefficacia delle misure di prevenzione e di protezione.
Infatti, i documenti (DVR) spesso tendono a sottovalutare i rischi degli Operatori di Polizia Municipale anche perché si andrebbe a condizionare il sistema organizzativo che deve tenere conto di bilanci e tagli di vario tipo.
E la mancanza di un dialogo costruttivo tra l'ammnistrazione e i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza contribuisce a non migliorare le cose.
mercoledì 20 agosto 2008
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